È cominciato tutto quando ci hanno informati del
progetto delle adozioni per lo studio
dell’Associazione Ponte Colombia.
Dell’attività dell’associazione, e ancora prima del
legame speciale tra Ponte in Valtellina e Popayan in
Colombia, avevamo sentito parlare da un po’ di
tempo. Ci stavamo un po’ innamorando del progetto,
complice il fatto che chi ce lo raccontava ne era
assolutamente costantemente innamorato. Ma
innamorato in un modo costruttivo e critico,
innamorato di un amore che vuole veder crescere e
stare bene la creatura che ama ma rispettandone i
tempi e la natura.
Sapevamo del progetto della Latteria a Payspamba e
dell’esistenza di un tale Padre Oscar.
Per questo abbiamo detto sì all’idea di poter essere
padrini per una ragazza studentessa presso la
Escuela Normal di Popayan, in formazione per
diventare maestra.
L’evoluzione crediamo sia proprio merito di come il
progetto è seguito all’interno dell’Associazione
Ponte Colombia.
Per prima cosa abbiamo ricevuto un lettera che ci
raccontava della ragazza di cui eravamo diventati
padrini, poi via via frequenti comunicazioni ora
della ragazza stessa, ora dai volontari
dell’associazione che frequentemente sono in
Colombia e al ritorno raccontano. La ragazza, e con
lei la sua famiglia e la realtà di Popayan, è
diventata a noi un po’ più familiare.
Ci è sembrata quindi una bella occasione l’invito di
Don Battista a partire con lui in gennaio di
quest’anno. Per conoscere da vicino la Colombia e
nella Colombia Ledy Viviana.
Un viaggio che ha offerto mille sfaccettature: siamo
turisti, in visita ad un paese straniero, lontano,
siamo amici, ospiti di amici, siamo amici lontani
di un paese straniero, siamo volontari in
un’associazione a caccia di nuovi progetti, siamo i
padrini di Ledy Viviana.
Con lei è stata prima una sorpresa, un vedersi e
riconoscersi tra persone in una foto e avvertire una
sorta di legame, di intimità. Poi è stato
avvicinarsi ed è stato da parte loro tutto un
profondersi in ringraziamenti. Poi è stato voler
conoscere di più e quindi vedersi a casa loro, con
la precisa volontà di essere “amici” ma con la
consapevolezza di essere vissuti in questo ruolo di
padrini. E in una casa povera (per i nostri
standard) abbiamo vissuto accoglienza, e un
grandissimo senso di dignità e di serenità per la
capacità di non chiedere nulla se non la salute, e
di certo non per un luogo comune.
Ci siamo promessi di tenerci in contatto, di
risentirci, di rivederci…poi siamo partiti, con la
sensazione di aver accorciato un po’ la distanza.
Grazie Ponte Colombia, per questa associazione di
amicizia con l’oceano in mezzo.